Un amico mi ha rivolto una domanda piu’ che ragionevole: “Ma quanto stai in
Birmania? Non ti scade il visto? I Generali di cui vai tanto parlando non ti
cacciano a pedate?”.
Giusta osservazione.
In effetti, il tempo – tra gavettoni, passeggiate nell’oscurita’, consigli
gastronomici, monaci tifosi e molte molte altre cose – e’ trascorso; il visto
e’ scaduto ed in Birmania non ci sono piu’ da parecchi giorni. Esattamente dal
5 maggio, data del mio arrivo a Bangkok.
Dunque (ecco la risposta), non c’e’ un’esatta corrispondenza “temporale” tra
quel che racconto e cio’ che vivo giorno per giorno. In sostanza, buona parte
delle cose che vi ho detto della Birmania sono state scritte quando gia’ mi
trovavo a girovagare per la Thailandia.
E, nel frattempo, altri giorni e notti sono trascorsi, veloci.
Ed un altro visto e‘ scaduto.
Cosi‘, il 3 giugno sono di nuovo partito. Ho preso un autobus da Ubon
Ratchathani ed ho lasciato alle mie spalle anche la Thailandia. In questo
momento vi sto scrivendo da una regione del Laos meridionale, l’altopiano del
Bolaven. La zona e’ molto bella e gradevolmente fresca ma non propriamente nell’
hit parade dello sviluppo turistico (grazie a Dio). Insomma, uno di quei luoghi
in cui puo’ ancora capitare che la gente ti guardi con l’espressione di chi
pensa “e questo da dove salta fuori?” e dove muoversi da un paese all’altro
puo’ voler dire percorrere la strada seduti su una montagna di sacchi di riso
nel retro di un songthaew (camioncino).
Dunque, tornando a quanto vi dicevo sopra, ora che sono in Laos comincero’,
probabilmente, a raccontarvi qualcosa della Thailandia. O, forse, mischiero’ un
po’ le carte: le immagini, i dialoghi, le impressioni, i luoghi. Senza un
preciso ordine cronologico.
Nel viaggio, la memoria dei viaggi passati, l’attesa per i viaggi futuri.
P.S.: a Paksong, il centro piu’ grande del Bolaven, internet non e’ ancora
arrivato. Quel che avete appena letto e’ stato scritto sul retro di una mappa
gentilmente donatami da Mr Coffee (personaggio di cui vi diro’ prossimamente)
e, poi, ritrascritto sul blog in quel di Pakse.
Birmania? Non ti scade il visto? I Generali di cui vai tanto parlando non ti
cacciano a pedate?”.
Giusta osservazione.
In effetti, il tempo – tra gavettoni, passeggiate nell’oscurita’, consigli
gastronomici, monaci tifosi e molte molte altre cose – e’ trascorso; il visto
e’ scaduto ed in Birmania non ci sono piu’ da parecchi giorni. Esattamente dal
5 maggio, data del mio arrivo a Bangkok.
Dunque (ecco la risposta), non c’e’ un’esatta corrispondenza “temporale” tra
quel che racconto e cio’ che vivo giorno per giorno. In sostanza, buona parte
delle cose che vi ho detto della Birmania sono state scritte quando gia’ mi
trovavo a girovagare per la Thailandia.
E, nel frattempo, altri giorni e notti sono trascorsi, veloci.
Ed un altro visto e‘ scaduto.
Cosi‘, il 3 giugno sono di nuovo partito. Ho preso un autobus da Ubon
Ratchathani ed ho lasciato alle mie spalle anche la Thailandia. In questo
momento vi sto scrivendo da una regione del Laos meridionale, l’altopiano del
Bolaven. La zona e’ molto bella e gradevolmente fresca ma non propriamente nell’
hit parade dello sviluppo turistico (grazie a Dio). Insomma, uno di quei luoghi
in cui puo’ ancora capitare che la gente ti guardi con l’espressione di chi
pensa “e questo da dove salta fuori?” e dove muoversi da un paese all’altro
puo’ voler dire percorrere la strada seduti su una montagna di sacchi di riso
nel retro di un songthaew (camioncino).
Dunque, tornando a quanto vi dicevo sopra, ora che sono in Laos comincero’,
probabilmente, a raccontarvi qualcosa della Thailandia. O, forse, mischiero’ un
po’ le carte: le immagini, i dialoghi, le impressioni, i luoghi. Senza un
preciso ordine cronologico.
Nel viaggio, la memoria dei viaggi passati, l’attesa per i viaggi futuri.
P.S.: a Paksong, il centro piu’ grande del Bolaven, internet non e’ ancora
arrivato. Quel che avete appena letto e’ stato scritto sul retro di una mappa
gentilmente donatami da Mr Coffee (personaggio di cui vi diro’ prossimamente)
e, poi, ritrascritto sul blog in quel di Pakse.
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