"VIAGGIATORE, NON C'E' UN SENTIERO.
I SENTIERI SI FANNO CAMMINANDO".

Antonio Machado, Poesias Completas

lunedì 26 luglio 2010

“ALCUNI PICCOLI CURIOSI FATTI SPARSI”. EPISODIO TRE: Torna ad Hoi An.

Per quanto non risparmi critiche al Vietnam, devo riconoscere che Hoi An e’ bella. Specialmente la sera, quando nel centro storico si accendono le lanterne colorate e le candele. Tra tutte le sere, ce ne sono poi alcune davvero suggestive: quelle di luna piena, durante le quali il centro viene chiuso al traffico e ad ogni angolo di strada ci sono spettacoli, giochi ed esibizioni musicali. Cosi’, dato che la buona sorte ha voluto ad Hoi An ci arrivassi proprio una sera di luna piena, mi ritrovo a passeggiare tra musica e colori. Entro in un cortile dove sta per esibirsi un gruppo che propone musica tradizionale vietnamita. I musicisti indossano abiti tipici e ciascuno suona uno strumento “esotico”: il dan bau (uno strumento a corda locale), dei tamburelli, una specie di banjo, dei timpani. In genere di turisti ce ne sono parecchi, ma in questo momento il pubblico e’ formato prevalentemente da vietnamiti.
Dopo alcuni istanti di attesa silente, i musici iniziano ad eseguire il primo brano.
Ora, amici, vi giuro e stragiuro, non me lo sono sognato. C’ho fatto attenzione, ho atteso ed ascoltato un bel po’, tanto la cosa mi pareva incredibile.
In sintesi: e’ “Torna a Surriento”!
Cioe’, e’ lei, e’ lei, questi tizi vestiti da Kublai Khan in vacanza stanno suonando “Torna a Surriento”! Sono sobrio, non e’ che ci assomigli, e’ proprio lei.
Per un attimo vorrei alzarmi, balzar sul palco e mettermi a gridare “Santo cielo, costoro sono degli impostori! Altro che Vietnam, questa e’ roba nostra”.
Ma poi ci penso su’ e riconosco di dover loro gratitudine, per avermi consentito di tornare a scrivere sulla sempre sfavillante rubrica “Alcuni piccoli curiosi fatti sparsi”.
Nel frattempo, canticchio: “Non darme stu turmiento… torna ad Hoi An… famme campa’”.

sabato 10 luglio 2010

VIAGGIATORI A LUNGA SCADENZA. PARTE PRIMA.

RALPH

Se pensate che i viaggiatori “a lungo termine” portino lunghe barbe e capelli incolti, indossino ampie camicie colorate e pantaloni indiani e calzino consumati sandali di pelle, se e’ questa l’immagine che avete in mente, bene, sappiate che con Ralph sbagliereste di grosso.

Ralph e’ ben rasato e pettinato. La camicia di Ralph e’ linda e stirata. Tutto in lui ispira ordine e lucida visione delle cose.

Ralph avra’ circa quarantacinque anni. Ha una casa, a Basilea, ma e’ in cammino per l’Asia da oltre dieci mesi. Quando gli domando quanto intenda ancora viaggiare, solleva un poco le spalle e stringe le labbra, fissando il bicchiere: “Un anno… due anni, forse”. Lo dice come se tra uno e due anni non ci fosse una gran differenza, come se si trattasse di decidere se rientrare dal fine settimana al mare la domenica sera o il lunedi’ mattina. Non gli chiedo altro.

La sua prima tappa e’ stata la Birmania. Ci si e’ fermato per piu’ di sei settimane.

“Hai domandato l’estensione del visto?”.

“No. Semplicemente, sono arrivato all’aeroporto ed ho detto: - Scusate, sono in ritardo -. Ho pagato una specie di multa, pochi dollari. Sono una brava persona, che altro potevano farmi?”. E sorride.

In Birmania, Ralph si e’ spinto sin nelle province settentrionali, oltre Shwegu e Bhamo. In tutta la regione di stranieri ce n’era uno: Ralph. Poi ha fatto ritorno a Mandalay in barca, percorrendo l’Irrawaddy. La barca e’ partita ma non si sapeva quando sarebbe giunta a destinazione: dato che si era ancora nella stagione secca il livello dell’acqua era molto basso. Ci e’ voluta una settimana. Il battello s’incagliava ed occorreva trainarlo e spingerlo con dei lunghi e robusti remi per rimetterlo in galleggiamento. Lungo il tragitto, Ralph avrebbe potuto, come si suol dire, abbandonare la nave ed, in qualche modo, arrivarci via terra a Mandalay. Ma gli erano bastate poche ore per sentirsi parte della compagnia di naviganti – sebbene nessuno fosse in grado di dire piu’ di tre o quattro parole in inglese – ed ha capito che l’impresa era diventata anche sua e doveva arrivarci sino in fondo.

Ora, qui in Laos, sta percorrendo le strade del Khammuan in moto. La moto l’ha affittata a Tha Khaek. “Non ero mai salito su una motocicletta in vita mia. Ma non e’ difficile, si tratta di muovere un poco i polsi e un piede. E’ divertente. C’e’ sempre una prima volta, non credi?”.

La sera, davanti ad un paio di Beerlao, Ralph racconta: le citta’ che ha attraversato, i villaggi di confine, il mare.

Ralph dice: “Quando viaggi, quando sei in viaggio, da molto tempo, arriva un momento in cui senti un ‘click’. Un click, sai, qui, nella testa. Magari arriva quando non te l’aspetti, un pomeriggio o una notte. C’e’ un ‘prima’ e c’e’ un ‘dopo’. Il ‘click’ significa che sei passato al dopo”.

CARMEN

Con Carmen ci si e’ trovati la prima volta in una sorta di “comunita’” per viaggiatori, a Bangkok, nei pressi del Victory Monument. Una casa, grande, su tre piani, con un’ampia sala dal soffitto basso, una caotica cucina e parecchie piccolo stanze. I proprietari, una coppia di giovani thailandesi, la mettono a disposizione dei viaggiatori. Non chiedono nulla in cambio: chi viene, se vuole, porta quello che puo’ tornar utile e lo mette sul tavolo. Caffe’, frutta, verdura, cioccolato. C’e’ chi porta delle cartaigienica, chi regala dei libri. Quando si e’ in molti, alcuni dormono nella sala, l’uno accanto all’altro, su dei materassi sottili o su delle stuoie distese sul pavimento di legno. Qualcuno cucina e si cena insieme. Anche per la cena non c’e’ un prezzo; solo un’ampolla di vetro accanto ad un piccolo cartello colorato: ‘Se volete dare un contributo, l’offerta consigliata e’ di cinquanta bath’. Cinquanta bath sono poco piu’ di un euro.

Davvero non so dirvi come tutto questo possa funzionare. Ma funziona.

Carmen, dicevo. Carmen e’ di Buenos Aires, ha trentaquattro anni ed e’ in viaggio da quattordici mesi. Dieci mesi li ha trascorsi in India, poi e’ arrivata nel sud est asiatico.

La prima cosa che mi dice e’: “Sai, sono stanca. Mi fermo per un po’ a Bangkok, devo riposare”.

A Carmen lo chiedo: “Come fai? Intendo, i soldi, per viaggiare cosi’ a lungo”.

Mi dice di possedere una casa a Buenos Aires; l’ha affittata e con quanto ricava dall’affitto, viaggia. “Prima di partire ho venduto tutto quello che avevo; il computer portatile, la chitarra, tutto, per partire”.

Carmen e’ cordiale ma sorride di rado. Pare davvero molto stanca. Inoltre, per continuare a viaggiare deve far economia su qualunque cosa. Racconta ad un ragazzo thailandese di avere un budget giornaliero di quattrocento bath (circa dieci euro). Con quattrocento bath puoi vivere, ma davvero non e’ semplice. Dormi in camerate e mangi al mercato. E devi ancora considerare i soldi per gli spostamenti. Non credo riesca a rispettare il limite di spesa che si e’ data.

Verrebbe naturale domandarle, dato che appare cosi’ stanca ed e’ in ristrettezze economiche, perche’ non concluda l’esperienza e se ne torni a casa. Forse non lo sa neppure lei.

Per quanto avverta la necessita’ di riposare – e per questo abbia stabilito di fermarsi a Bangkok per qualche tempo – sa gia’ che si trattera’ comunque di una sosta breve. Probabilmente, non piu’ di qualche giorno. Poi il bisogno di sentire il peso dello zaino sulle spalle, di ripartire, tornera’ a bruciare, sara’ piu’ forte. Dopo Bangkok, andra’ a nord. Non ha – come del resto non ha mai avuto – in mente un itinerario preciso. Quello che sa e’ che andra’ a nord e questo basta.

Il giorno successivo sono io a partire, mi dirigo a sud e, dunque, le nostre strade si separano.

Il caso vuole che ci si incontri nuovamente circa due mesi dopo, a Nong Khiaw, tra le montagne del nord del Laos. Mangiamo insieme della frutta seduti su una panchina della polverosa stazione dei bus. Un po’ parliamo un po’ stiamo in silenzio a guardare i bambini che vanno a scuola. Mi mostra il passaporto con impresso il visto per l’ingresso in Cina. “Te l’avevo detto che vado a nord”. E’ contenta che il visto abbia una validita’ di sessanta giorni, cosi’ potra procedere lentamente, senza fretta.

Ha anche un “piano di viaggio”: attraversera’ la Cina e raggiungera’ la Mongolia. Dalla Mongolia andra’ in Russia. E dalla Russia in Europa. “Devo procurarmi qualche abito ‘pesante’, l’inverno in Russia sara’ un po’ piu’ rigido di quello che ho trascorso in India, che dici?”. Questa volta sorride.

Poi mi legge i pensieri e risponde ad una domanda che non le ho fatto. “Non posso tornare a Buenos Aires. Sai, la casa, l’ho data in affitto, dovrei trovarmi un posto dove stare”. Si ferma un attimo a pensare. “Se tornassi in Argentina ora, impiegherei almeno un anno a procurarmi i soldi per un nuovo biglietto aereo. Un biglietto per l’Europa o per l’Africa. O per tornare in Asia”.

“Per partire, per viaggiare, ho venduto tutto quello che avevo, tutto”.