Il governo birmano non vuole che scriva sul mio blog.
Suona piuttosto singolare, non trovate?
Ma tant'e'.
Mi spiego meglio. In Birmania, come saprete, c'e' tuttora una dittatura militare che detiene saldamente il potere.
Lo straniero in visita' puo' anche non accorgersene del tutto. Ad esempio, soldati ed affini per le strade ogni tanto ce ne sono, ma non piu' che altrove. Le consuete mete "turistiche" possono essere visitate in totale pace e serenita': anzi, direi che se c'e' un paese "tranquillo" per il turista, beh, e' proprio questo.
Ci sono momenti pero' in cui qualcosa puo' affiorare e solleticare l'interesse anche del viaggiatore piu' disattento. Non mi riferisco al fatto che per molte zone del paese l'accesso agli stranieri sia formalmente vietato. Ben difficilmente uno straniero in visita (salvo ragioni specifiche) avrebbe comunque interesse a recarvicisi durante il breve periodo di validita' del visto turistico.
Il riferimento e' piuttosto all'affermazione con cui ho esordito.
Se c'e' una cosa che alle dittature da un gran fastidio, e' proprio la possibilita' di scambiarsi liberamente opinioni, idee, prospettive.
E internet consente di farlo, accidenti a lui!
Internet - so di dire una cosa scontata, ma ogni tanto di cose scontate se possono anche (riba)dire, no? - e' (meglio: puo' essere) uno strumento davvero meraviglioso e micidiale.
Bene, sede naturale di questo possibile scambio di voci e pensieri sono i blog.
Certo, dalle nostre parti vengono spesso usati per far sapere al mondo notizie di fondamentale rilievo, del tipo come ci si e' pettinati o cosa si mangera' a pranzo (intendiamoci, non che voglia ridurre l'importanza di una buona permanente o di una sana alimentazione eh...).
Ma altrove - qui, ad esempio - possono diventare qualcosa di maledettamente serio.
Ragion per cui, le dittature di cui sopra adottano, spesso, una soluzione semplice ed afficace: bloccare i siti che non gradiscono.
La selezione poggia su criteri spesso inintelleggibili (perche', poniamo, Facebook va bene e, invece, Blogspot merita di essere inchiodato?), ma il succo e' e resta: dovete stare zitti.
Insomma, provo a collegarmi a Yangon e poi a Kalaw e niente, il sito di accesso al blog e' bloccato.
Per pubblicare il primo post (YANGON CALLING) devo quindi ricorrere ad un sistema degno di Radio Londra: invio il testo a una carissima amica e meravigliosa blogger, che lo copia e pensa quindi lei a pubblicarlo sul blog. Insomma, un metodo di "aggiramento" empirico ma funzionale.
Proprio ieri sera pero' mi capita di provare una gran soddisfazione. Qui da dove vi sto scrivendo - una cittadina in riva al lago Inle - nel momento in cui, al mio ennesimo tentativo, compare ancora una volta la finestra "accesso negato", mi rivolgo al ragazzo che gestisce l'internet point: "il sito e' proprio bloccato, giusto?".
Lui da un'occhiata, fa un cenno con la testa, si mette alla tastiera e, dopo alcune operazioni, mi dice "try now". Provo. Ed "entro", esclamando un "ahah" di giubilo. Lui fa un gran sorriso e senza dirci altro ci scambiamo uno sguardo d'intesa che sta a dire "non ci fermeranno".
P.S.: il giovine hacker di cui sopra non sara' sempre al mio fianco. E' quindi ragionevole pensare che anche nel prosieguo incontrero' il medesimo problema di accesso a blogspot e per i post dovro' continuare ad affidarmi alla pazienza della blogger di cui sopra. Vi prego quindi di non lasciare eventuali messaggi e/o commenti sul blog, perche' temo non mi sara' possibile leggerli. Se volete, mi trovate su mail o Facebook, miei cari. Ciao.
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