"VIAGGIATORE, NON C'E' UN SENTIERO.
I SENTIERI SI FANNO CAMMINANDO".

Antonio Machado, Poesias Completas

martedì 30 marzo 2010

CRONACHE INDIANE 2008 - PARTE III

17. TIRUMALA

Ora voglio parlarvi di Tirumala.
Ricordate? Ve ne avevo fatto cenno nel mio primo post; ma non vi dissi altro.
Tirumala, dunque.
Si dice che ogni anno il numero di fedeli hindù che si recano al Venkateshwara Temple di Tirumala superi il numero di fedeli diretti a Roma, Gerusalemme o La Mecca.
Vi sono giornate in cui il tempio accoglie circa centomila fedeli. In un giorno, capite, in una giornata sola, centomila. Qualcosa come un “Simon & Garfunkel in Central Park” quotidiano (senza voler risultare irriguardoso, s’intende, solo per darvi un’idea “quantitativa”).
Al tempio lavorano dodicimila addetti (tra i quali molti barbieri; più avanti vi spiegherò). Dodicimila.
Sono numeri piuttosto impressionanti, non trovate?
Eppure, ditemi, di Tirumala, ne avevate mai sentito parlare?
Io mai.
Per questo decido che Tirumala sarà la prima tappa del mio viaggio.
Così, appena giunto a Madras (che peraltro non offre un granché quanto ad attrattive) m’informo sui treni diretti a Tirumala ed, il giorno successivo, parto.
Il tempio dista alcuni chilometri dalla cittadina; occorre salire, far tornanti.
Trovo una stanza – rumorosissima (ma questo non potrà che accrescere il mio desiderio di silente contemplazione mistica) – accanto alla stazione e mi ci sistemo.
Bene, ora occorre raccogliere un po’ di informazioni e pianificare la visita al tempio.
Pianificare? Già, certo. Perché, cosa credevate, di presentarvi lì, al tempio, così, ingenuamente impreparati, entrarci, fare un giro turistico e magari concludere con qualche bella foto accanto alla statua di Vishnu? No, ragazzi, siete fuori strada. Qui le cose vanno diversamente; fin qui ci siamo venuti per prendere parte alla darshan.
Della darshan vi ho già detto qualcosa nei post precedenti, ma, come si suol dire, repetita iuvant. Dunque, la darshan è la contemplazione della divinità. Per giungere di fronte alla divinità, in genere nel cuore del tempio, occorre percorrere un tragitto più o meno lungo, tracciato (e talvolta delimitato da piccoli pilastri, corde o transenne) all’interno del tempio stesso.
Nella maggior parte dei casi, si tratta di camminare per qualche metro, la “processione” si conclude rapidamente. Ma non a Tirumala. A Tirumala il percorso ha inizio all’esterno dell’edificio, prosegue nelle “claustrofobiche gabbie” (così le definisce un commentatore) che ne circondano il perimetro, serpeggia nei cortili interni e giunge, infine, ad una piccola costruzione (il cuore del tempio) ed, al suo interno, all’altare, immerso in un’oscurità rotta solo dalla flebile luce delle candele.
La “ordinary darshan” (quella a cui ciascuno può prender parte, semplicemente mettendosi in fila, con una notevole dose di, santa, pazienza) può durare parecchie ore. Una decina di ore, poniamo. In fila, nelle “gabbie”. All’inizio ci si può trovare piuttosto distanziati l’uno dall’altro; ma più ci si avvicina al nucleo pulsante del tempio, più gli spazi diminuiscono, i corpi si comprimono, i passi si fanno lenti e strisciati; e poi gli odori, l’incenso, le voci bisbigliate. Su tutto prevalgono gli avvolgenti canti dei fedeli.
La “ordinary darshan” è gratuita. Per qualche moneta (un paio di euro) e prenotandovi per tempo, potrete però aspirare alla “special darshan”. La differenza? Semplice, la special darshan prevede un percorso più breve. In sostanza: fedele, vuoi giungere più velocemente davanti a Vishnu per snocciolargli tutte le tue accorate preghiere ed implorazioni (o, per lo meno, quelle che riuscirai ad esprimere nei pochi istanti in cui sosterai di fronte all’altare, prima di essere sospinto innanzi dall’onda che preme alle tue spalle)? Bene: paga. Del resto, un paio di euro – direte voi – non sono poi un granché. Beh, non ne sarei così certo, qui, per la verità possono esserlo. In ogni caso, il concetto è chiaro ed universale: se ti avanza qualche monetina per le tasche, è probabile che il buon Dio (qualunque nome abbia) poserà uno sguardo benevolo sul tuo capo di peccatore terreno.
Oltre alle rupie, per accedere alla special darshan occorre però anche muoversi per tempo; ci vuole la “prenotazione” (ebbene sì, anche qui). Al più tardi, entro il giorno precedente o la primissima mattina (che da queste parti significa le quattro e mezza) della giornata in cui intendete prendere parte alla darshan. Per me, dunque, dato che a Torino i servizi di prenotazione per le preghiere in quel di Tirumala non sono ancora molto sviluppati (le consuete italiche inefficienze!), parrebbe profilarsi una serena sveglia intorno alle tre e mezza, per giungere prima dell’alba al tempio e sperare (sottolineo: sperare; nulla è certo) di poter accedere alla darshan versione “special”.
Di ciò mi dà conferma anche l’albergatore: ragazzo mio, il massimo cui puoi aspirare è la special, ci si vede domattina alle quattro. Ma egli, l’albergatore, stolto, non sa – o, per oscure ragioni, finge di non sapere – ciò che io, invece, da buon viaggiatore previdente ed informato, ho appreso sin dall’inizio: per me l’Olimpo indiano ha in serbo qualcosa di meglio. Già, amici miei: esiste anche la “V.I.P. DARSHAN” (V.I.P. significa proprio ciò a cui state pensando, Very Important Person; giuro!).
E – signore e signori – è questa la darshan alla quale io, da buon V.I.P. (ne dubitavate?), prenderò parte. Ma di ciò vi darò conto nel mio prossimo post.

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